Servire, accompagnare, promuovere: il programma del volontario, promotore sociale

Intervento all'Assemblea dei Promotori sociali di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta - ottobre 2013 

Servire, accompagnare, promuovere: il programma del volontario promotore sociale 

Servire, accompagnare, difendere. Viene dal discorso che Papa Francesco ha fatto in un centro di accoglienza per migranti. Ma mi pare possa essere molto adatto anche per noi. Per descrivere il programma di impegno dei promotori sociali.

Servire. Che cosa significa? Servire significa accogliere la persona che arriva, con attenzione; significa chinarsi su chi ha bisogno e tendergli la mano, gratuitamente, cioè senza calcoli, senza timore, con tenerezza e comprensione. Servire significa stabilire prima di tutto relazioni umane, di vicinanza, legami di solidarietà. Servire significa riconoscere e accogliere le domande di giustizia, di speranza, e cercare insieme delle strade, dei percorsi concreti di liberazione.

Accompagnare. “Nessuno può sopravvivere ad una catastrofe e sopravvivere ad essa senza avere la sensazione di stare a cuore a qualcuno” era una delle frasi che accompagnarono il percorso de “Un sorriso per la Bosnia”. Accompagnare è contribuire a far crescere una cultura dell’accoglienza, una cultura dell’incontro e della solidarietà, a partire dalla tutela dei diritti umani. E' farsi compagno. Con il termine compagno che significa qualcuno con cui condividi il pane e il cammino. Accompagnare non è una relazione asimmetrica. Accompagnare è stare in compagnia. Ci si accompagna, reciprocamente.

Ma, sempre Papa Francesco, specifica che serve un altro verbo, che a noi, associazione di promozione sociale, a voi, promotori sociali, dovrebbe essere caro: Promuovere. Anche il Papa dice che la sola accoglienza non basta. Che la carità che lascia il povero così come è non è sufficiente. Che serve promuovere un cambiamento. Che la misericordia vera chiede giustizia. Chiede che il povero trovi la strada per non essere più tale. Chiede – a noi Chiesa, noi Istituzioni, noi Persona (e io ci aggiungerei oggi a noi volontari, a noi Acli) di operare perchè nessuno debba più avere bisogno di una mensa, di un alloggio di fortuna, di un servizio di assistenza per vedere riconosciuto il proprio diritto.


Ma anche sul fronte laico, c'è l'articolo 3 della Costituzione che ci richiama la promozione. La rimozione degli ostacoli che limitano la libertà, l'uguaglianza, la legalità. Che impediscono il pieno sviluppo della persona.

La sfida di tenere assieme: un volontario tra lavoratori

Cosa significa essere volontari in una associazione di lavoratori? Cosa significa essere volontari a stretto contatto con dei lavoratori, nei servizi? E' una riflessione complessa. E per me aperta. Ma provo a condividerla ugualmente. Proviamo a scegliere un principio che non è di competizione e contrapposizione. Proviamo a scegliere un principio di cooperazione. E di contaminazione. Il volontario ha la leggerezza e la libertà per portare innovazione. Come nella fase di innamoramento. C'è incertezza sul futuro, c'è precarietà, c'è rischio. Ma c'è un motore che mette in moto. Il lavoratore invece è la forza della stabilità, la solidità per essere una base su cui costruire. Come nella fase dell'amore. Ma non c'è contrapposizione tra innamoramento e amore. E non c'è nella realtà una semplice successione di fasi tra innamoramento ed amore. C'è una ricerca che prova a tenere assieme, nella diversità, e dimensioni della fragilità, della precarietà, della novità in una dimensione di struttura, di organizzazione, di forza e grandezza.
Che poi, se lo guardiamo con sguardo ancora più ampio, tenere assieme mi pare la sfida principale oggi. Tenere assieme non per regola o consuetudine o senso del dovere (che nella coppia come nelle associazioni, sono forme di colla che non tengono più) tenere assieme per riscoperta quotidiana del senso di stare assieme. Per la cura di qualcuno che cuce e tiene assieme. Tenere assieme che in Acli si declina tra associazione e servizi/imprese. Ma anche tra le varie dimensioni territoriali. E anche tra associazione (con regole, strutture, responsabilità....) e movimento (la corrente calda, una cosa che si sposta, si muove, cambia forma continuamente).

Metterci la faccia (e non solo): il volontario come punto di contatto con l'altro

Da quel che ho sentito in questi giorni mi pare di cogliere che l'essere promotore sociale sia una forma di volontariato difficile. Difficile perchè la tematica (le norme, i diritti) sono complesse. Difficile perchè l'altro è complesso. L'altro non corrisponde a come noi vorremmo il bisognoso. E perchè ci mostra l'altro negli aspetti più intimi e privati. Perchè il promotore sociale solo apparentemente mette il naso in faccende aride (nelle carte), in realtà si “intromette” in questioni private: Quanti soldi ho. Che stato di salute ho. Che bisogni ho. Che rapporto ho con le regole. Difficile perchè ci si trova in mezzo ad un rapporto oggi difficile, che è quello tra singolo e comunità, tra cittadino e Stato. Ci sono alcune frasi che mi sono segnata dal corso di questi giorni e che mi pare contengano moltissimo su cui lavorare e costruire. A partire dai volontari, per acquisire consapevolezza come intera associazione.
  • la persona viene con una domanda ma in realtà porta un vissuto, ansie, esperienze, rabbia.
  • Le persone ti riversano tutta la loro vita addosso. E in quel groviglio a noi tocca intercettare i bisogni.
  • La gente è arrabbiata. Ed è difficile avere a che fare con gente arrabbiata. Ma dobbiamo tenere a mente che la gente non è arrabbiata con noi. E' arrabbiata con l'INPS, con la legge, con lo Stato.
  • Certe volte le norme sono ingiuste. Profondamente. Ed è difficile spiegare una normativa non condivisa e ingiusta. Ci stai male quando devi dire ad una persona che non ha diritto. Perchè tu pensi che in realtà il diritto ce l'ha. E' la legge che è sbagliata.
  • Alla fine nello spiegare le leggi noi presentiamo diritti e doveri. Non è facile. Ma è anche questo un modo di educare.
La politica non è inutile

Essere volontari in una associazione di promozione sociale significa, e mi pare lo abbiate detto voi nelle vostre riflessioni, tenere sempre presente una dimensione che è anche politica. Che tiene insieme un agire 8che non è solo un fare, perchè è intenzionale, consapevole, progettato, pensato...) con un punto di vista sulla realtà. Un punto di vista che non è neutro. E che assume il bisogno come motore di cambiamento. E' il classico don Milani: sortirne da soli è egoismo, sortirne assieme è politica”.

Replica post dibattito

Due premesse:
  • Dal dare risposte all'accompagnare nella ricerca In mille interventi ho sentito emergere la fatica di “non avere le risposte”, la richiesta di avere le informazioni per poter “dare risposte”. Non conosco bene il funzionamento dei servizi. Questa parte la riporto a chi ne ha responsabilità. Ma mi sento di poter dire una cosa. I tempi sono cambiati. Le norme sono complesse e in continuo mutamento. Spesso anche gli operatori e a volte persino i direttori fanno fatica a “sapere la risposta”. E' difficile che le risposte possano averle i volontari che, comprensibilmente e legittimamente, investono meno tempo e competenze nell'aggiornamento. Ma non è nemmeno questo il vero punto. Io penso che il vero ruolo del volontario e promotore sociale non sia “dare la risposta”. Il vero suolo sia l'accompagnamento nella ricerca della risposta. Sia l'accogliere la persona, sia farla sentire “presa in carico” da qualcuno, sia ascoltata, sia aiutarla a mettere ordine nel suo racconto, sia cercare di leggere nel groviglio i bisogni reali, e orientare verso i diversi soggetti che possono provare a cercare le risposte. E non è una cosa di minore valore. E' solo una cosa differente.
  • Hai detto cose belle, hai bisogno di adattarle a quello che viviamo noi nel quotidiano. Certo, c'è bisogno di stare assieme, di frequentarsi, di contaminarsi. Io non credo che il modello di Acli oggi sia quello di una divisione netta tra chi sta in sede nazionale e, chiuso nel suo guscio, pensa e dispensa sapere e chi sta sul territorio vive le cose in pratica a partire da indicazioni date. Io penso che, anche qui, ci sia da accompagnarci reciprocamente nella ricerca. Ognuno con il suo ruolo, differente, ma credo che solo mettendo assieme i punti di vista e le riflessioni possiamo passare dal “cose belle” al “cose realmente utili” cioè cose che muovono e promuovono.

Poi alcune cose che mi sono segnata e che riporto in sede nazionale, a chi ha la responsabilità.
  • Il tema dell'accessibilità dei servizi nei circoli
  • il tema della gestione dei precompilati e della discrezionalità
  • Il problema dei giovani stagionali, del come fare in modo che i volontari riescano ad avere chiarezza di ruolo, di ingaggio e non siano percepiti come quelli che “gli rubano il lavoro”
  • la solitudine dei presidenti di circolo

Poi alcune riflessioni che mi vengono, forse anche in virtù di un passato da assistente sociale:
  • Da questa giornata io riporto la consapevolezza che voi siete un punto di contatto con il bisogno e con il disagio. E che stare a contatto con il bisogno e con il disagio è faticoso. E noi, come Acli, non possiamo lasciarvi solo in questo. Quel che colgo è il bisogno di lavorare maggiormente perchè il filo tra voi e l'associazione sia saldo. Fiducia. Perchè voi vi sentiate “mandati” e “lasciati lì”. Perchè anche nel rapporto tra associazione e promotore ci sia l'accompagnamento che dicevamo.
  • Però a voi mi sento di dire che c'è bisogno di imparare anche ad avere a che fare con il senso del limite. C'è un farsi carico, che importante. Ma c'è anche il bisogno di trovare un equilibrio tra il non restare indifferenti di fronte al disagio e il farsi schiacciare dal disagio altrui. Perchè il bisogno altrui “non finisce mai” e i limiti vanno posti. Perchè schiacciati non siamo più utili a nessuno.
  • Da queste giornate riporto anche la consapevolezza e la conferma di una cosa che avevo già in mente. Che c'è un sapere che voi avete e che dobbiamo trovare il modo di valorizzare e di non perdere. C'è un sapere di dati, e su questo abbiamo iniziato a lavorare. Ma c'è anche un sapere di storie. Un sapere di lettura di contesto e territorio. Lo dicevate anche voi, voi siete sentinelle del territorio, vi muovete, non state fermi ad aspettare. La cultura del dato è importante ma credo sia importante anche la cultura della storia. Che può nutrire la rielaborazione politica.





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