Un conto è parlar di morte, un conto è morire...
Il primo vissuto "nella nuova forma"
Anche le modalità. di vivere una Messa possono essere innovate nelle forme...
Così come le gioie. Che, in fondo, sono state il tema essenziale di questa Messa di Natale. E che per distrazione, dis-abitudine, un certo nostro analfabetismo emotivo fatichiamo a riconoscere nelle nostre vite. (Non per niente #maiunagioia è diventato un tormentone vitale...).
Pluri appartenenze

Ognuno di noi, in questa stanza, ha almeno 2-3 ruoli, 2-3 appartenenze, 2-3 identità, se non di più...
Silvia ha iniziato raccontando di come fosse buffo il suo intervenire al congresso Arci, come portavoce Aoi, quando lei è anche direttrice Arcs ed é Arci da una vita.
Io sono qui a nome delle Acli nazionali, ma sono anche ex presidente Ipsia, ex cooperante, ex tielle...
Mirsada é arrivata qui da Trieste, ma è anche albanese.
Marco é Ipsia, ma è pure Patronato e pure Acli a Torino...
L’ex ambasciatore prima parlava di quel “passarsi la palla” Ipsia e Caritas in Bosnia che spesso trova sintesi nelle stesse persone e nelle loro multi-appartenenze…
Ognuno di noi, in questa stanza, ha almeno 2-3 ruoli, 2-3 appartenenze, 2-3 identità, se non di più…
Il punto é come le ricomponiamo e come le mettiamo in gioco.
Le contraddizioni, i dubbi, le sfaccettature, sono dentro di noi. Ci attraversavano. Se non ricomponiamo le nostre identità, superando la frammentazione dei ruoli e andando a quel punto di sintesi che é la persona umana, portiamo fuori le lacerazioni interne e le facciamo esplodere... Per questo dico che intervengo come Paola, non ponendo questo come contrapposizione ma come punto di sintesi del resto…
Dov'eravamo
Cari amici e invitati,
Quando abbiamo pensato il programma della nostra assemblea IPSIA volevamo fosse proprio un occasione per riflettere insieme sulle prospettive. Era importante uno sguardo da fuori che ci indicasse un percorso ricordandoci il contesto in cui lavoriamo e abbiamo lavorato, e farlo con chi in questi anni è stato un nostro compagno di strada, gli spunti e i pensieri di questa mattina saranno simbolicamente lasciate alla riflessione dei nuovi organi sociali. E qui andiamo al punto che abbiamo voluto ricordare nelle testimonianza di apertura.
Il 24 febbraio 2022 l’invasione russa dell'Ucraina, una nazione libera e democratica con un governo legittimo, ha impresso il sigillo alla fine dell' illusione del progressismo occidentale, un turning point storico secolare con il ritorno della guerra nell'Europa continentale su i suoi confini orientali.
La cresima

La giacca del judoji
Venire, come in un luogo sacro
Il priore era obbediente
Spiegare Barbiana ai figli
Si avvicinava a tutti senza alcun tipo di pregiudizio
Diano
In quale carta intravedi il tuo sogno?
Marcinelle
Per una pace integrale - Emiliano Manfredonia
Per una Pace integrale
Mirsada - Pace Ora - Lorenzo Cantù
Dal Diario di Lorenzo Cantù.
Introduzione di Giambattista Armelloni e Gianni Bottalico: Era l’estate 1993. La guerra nella ex-Jugoslavia infuriava creando morte e miseria. Sarebbe una semplificazione affermare che dopo la fine dell’ultimo conflitto mondiale e con l’istituzione della Comunità Europea, la pace abbia regnato nel vecchio continente. A poche centinaia di chilometri dai nostri confini le cose sono andate tutt’altro che in questo modo, spesso nell’indifferenza del ceto politico e di coloro che ben altro avrebbero potuto fare per evitare la degenerazione del conflitto. In tale contesto prende piede l’idea di una “marcia pacifica di interposizione” (MIR SADA, pace subito) per richiamare ai governanti, ai media e all’opinione pubblica la gravità della situazione e l’importanza di interventi pacificatori: la presenza di tanta gente, di tanti giovani, per far risuonare un chiaro e deciso no alla guerra. Si potrebbe senz’altro parlare di “diplomazia popolare”: laddove i passi ufficiali sembravano bloccati, toccava alla gente dare voce al desiderio di pace di intere nazioni. Una diplomazia popolare che che magari non sarebbe stata in grado di raggiungere obiettivi grandissimi, ma che per molti aspetti appariva come l’unica via– quella appunto della testimonianza – per uscire dallo stallo e fare qualche passo avanti.
Contributo di Giovanni Bianchi: Sarajevo doveva essere la meta finale di un inedito pellegrinaggio di pace. La spinta e la lezione? Quelle suggerite da Martini: “mettersi in mezzo”. Leggere gli uomini invece che i libri. Rischiare la vita là dove altri la rischiano. Faticare con chi fatica. È un atteggiamento propedeutico alla Speranza, che non ha nulla da spartire né con l’ottimismo delle ideologie né con quello delle psicologie.
Contributo di Tommaso Vitale: La politica era velleitaria, autoreferenziale, ripiegata su sé stessa, disattenta a ciò che accadeva fuori dalle frontiere nazionali. La società civile, e il mondo variegato dell’impegno pacifista, non erano velleitari, ma navigavano a vista. Ad ogni modo, nel mondo molteplice dell’impegno per la pace si discuteva apertamente di velleitarismo. Un’etica delle conseguenze, tutta politica, rimaneva forte. C’era tanta testimonianza, tanta ricerca di “coerenza”, ma anche un’enorme urgenza per ottenere cambiamenti palpabili. (...) Sapevamo la nostra inadeguatezza. Cercavamo di percorrere delle strade, non avevamo alcuna bussola per capire se eravamo sulla buona strada. La marcia per la pace Mir Sada è stata parte di questo travaglio. (...) Era già successo tutto, sul piano sociale. I tempi di vita di lavoratori atipici e le carriere de-standardizzate erano già diventati terribili, affaticando le persone nel profondo. Se ne erano accorti i lavoratori, e chi come Lorenzo ascoltava quotidianamente i lavoratori. Tardavano ad accorgersene le scienze sociali, latitavano i giornalisti. Molte delle esperienze di azione collettiva avevano già perso credibilità, e l’etica veniva sempre più considerata dai cittadini ordinari come un campo per scelte individuali di consumo. Mettersi insieme per fare solidarietà con una pretesa politica non era un comportamento automatico: non lo era mai stato, e in quegli anni agli ideologi faciloni cominciava a sembrare anacronistico. Una cosa come una guerra, poi, con i suoi opachi intrecci di interessi, decisioni, azioni incontrollabili e controllo ferreo delle situazioni faceva tremare la terra sotto i piedi. Cosa fare? Su quale formula provare a influenzare i decisori? Troppo difficile, i più ripiegavano su una delega generica, un onesto stare a galla dichiarando contrarietà morale e impasse politico.
Quando alle Acli pensammo che era arrivato il momento di testimoniare con i nostri corpi una priorità per la pace subito, pensavamo alle tre fedeltà che gli aclisti negli anni hanno cercato di mantenere. Quel periodo ce ne ribadì la necessità. Un’idea alta di politica, luogo democratico di partecipazione in cui contribuire a indirizzare lo sviluppo, correggendo le strutture e i fallimenti dei mercati, con il grande obiettivo di ridurre il linguaggio delle armi, fidandosi del potere di altri mezzi, nonviolenti. La politica per costruire la pace chiede un forte coinvolgimento democratico, che solo una comunicazione diffusa può legittimare. E richiede che le intelligenze politiche e istituzionali si fidino dell’ascolto di piccoli e poveri. Senza scappare quando le cose diventano troppo, troppo difficili.
Il testo del Diario: Mir Sada.- Pace ora
Ragionevole
Assemblea
Prima smettiamo di fare le pulci al look delle donne in politica, meglio è....
Il Concilio Vaticano II in chiave sinodale - Nathalie Becquart
di Suor Nathalie Becquart – sottosegretaria al Sinodo Mondiale
Alla luce dell’esperienza sinodale che abbiamo in corso, possiamo capire un po’ di più l’esperienza e i frutti del Concilio.
Il Concilio Vaticano II si è aperto sulla Piazza San Pietro. E’ una apertura fuori dalla Chiesa. E’ la prima immagine per capire il Consiglio: aprire le finestre della Chiesa. E oggi Papa Francesco parla di Chiesa in uscita. Chiesa per andare fuori, alle periferie. La stessa idea di Chiesa aperta tra Concilio e Sinodo.
Parlo con voi oggi, dopo una settimana con rappresentanti di tutto il mondo. 12 giorni a Frascati per leggere tutte le sintesi sinodali, tutti i feedback arrivati. Possiamo ascoltare una chiamata forte che arriva da più parti per una Chiesa più aperta e allargata. Una Chiesa per il mondo di oggi. La stessa Chiesa dall’inizio, ma che tenga conto che oggi siamo in un altro mondo, in un altro periodo della Storia.
Ieri era il primo anniversario dell’apertura di questo Sinodo. E un anno fa, il 10.10.2021 Papa Francesco ha iniziato questo percorso sinodale per tutte le Chiesi locali. Siamo in questo tempo: comunione, partecipazione, missione. Abbiamo finito la prima fase e a fine ottobre si pubblicherà il documento per le tappe successive. Sarà interessante per voi leggere questo documento. E’ un documento che non vuole fare sintesi definitiva. E’ un documento per restituire a tutti la Parola del Popolo di Dio di tutto il mondo.
Il Sinodo è un frutto del Concilio. Ieri abbiamo pubblicato un messaggio per l’apertura. E’ un momento di particolare grazia anche per il Sinodo e per tutti. Il Sinodo rappresentanza un frutto del Concilio, una delle più preziose eredità. Il processo sinodale stesso si situa nel solco del Concilio. La sinodalità è un tema conciliare in tutto. La Magna Charta del Sinodo è la dottrina sulla Chiesa. Teologia del Popolo di Dio. Un popolo che ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio, nel cuore dei quali lo Spirito Santo dimora come un tempio.
Qualcuno ha detto che il Sinodo è stato fatto per prolungare il Concilio.
Il momento più importante del Concilio è la redazione di una costituzione importante sulla Chiesa: la Lumen Gentium. La Curia romana, come si usava, aveva preparato i primi schemi sui temi da affrontare nella discussione e il documento sulla Chiesa era pronto. Il primo capitolo era sulla gerarchia. Durante il dibattito e il discernimento comune, ad un certo momento, è arrivata la chiamata per per cambiare e per mettere prima un capitolo sul Popolo di Dio. Per sottolineare l’importanza dell’eguaglianza e della regalità di tutti i battezzati. Siamo prima una Chiesa come Popolo Di Dio, poi una Istituzione con una sua gerarchia. Abbiamo tanti tanti anni di storia di una mentalità di vedere la Chiesa come istituzione gerarchica, come piramide. Per questo, dopo 60 anni dal Concilio, noi viviamo ancora spesso la Chiesa come gerarchia. Quando diciamo Chiesa pensiamo prima alla gerarchia. Non siamo ancora pienamente entrati nella visione di Chiesa del Concilio.
La sinodalità è il Concilio Vaticano II in sintesi. (teologo australiano Ormond Rush).
Quali sono le caratteristiche essenziali del Concilio Vaticano II:
Se non ha ciò di cui hai bisogno cambia
"Se non ha ciò di cui hai bisogno cambia. Partner. Negozio. Banca". Va bene che i rapporti non siano tutti eterni. Però che il cam...

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Qualche domenica fa all’Angelus il Papa è intervenuto con ” Non si commette il male perché si prega . Se qualcuno commette un male contro il...
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Sono qui perché faccio parte anche io di questa storia. La genealogia femminile: c’è una linea che si dipana. Ci sono delle madri simboliche...
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Io sono arrivato alle Acli all’Ufficio Studi, con una ricerca sugli assegni familiari, quindi direttamente collegato con Maria, che aveva gl...